di Monica Micheli*

Il governo nipponico boccia la campagna #KuToo contro l’obbligo per le donne di indossare i tacchi alti sul lavoro

C’è un detto al mio paese: se ognuno portasse la sua croce in piazza, la sera tornerebbe volentieri a casa con la propria.

E’ una magra consolazione constatare come nazioni che consideriamo emblema di civiltà e progresso a volte cadano come la proverbiale signora Longari dal grande Mike Bongiorno.

Ecco, è il caso del Giappone.

Chi non corre a qualsiasi evento dove si possa assaporare la vera cucina nipponica, provare un kimono tradizionale con le (scomodissime) zeppe di legno (i geta)?

Per non parlare dei tatuaggi con il nome proprio o dell’amato in katakana…

Perché questa ammirazione per la cultura e le tradizioni giapponesi?

Perché la visione che abbiamo di questo popolo è quasi mitica, persa tra fiori di ciliegio, geishe e capistazione che si suicidano se il treno ritarda di un minuto.

E’ per questo che ci sorprendiamo tanto quando ci imbattiamo in notizie che vorremmo fortemente fossero fake news, come questa…

Per l’esecutivo giapponese i tacchi alti sul lavoro imposti alle donne non sono solo adeguati, ma necessari.

Ad affermarlo è il ministro Takumi Nemoto, che commenta così la protesta  sostenuta dai gruppi femministi giapponesi e attivata dall’hashtag #KuToo.

L’iniziativa è stata avviata dall’attrice e scrittrice Yumi Ishikawa, diventando virale sui social media nello spazio di pochi giorni.

Il termine gioca con la parola ‘kutsu‘, che in giapponese significa scarpe, e ‘kutsuu’ che invece si traduce con ‘dolore’.

Il richiamo è al movimento #MeToo contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne.

Sebbene non scritto, quello di indossare i tacchi sul lavoro per le donne è un vero e proprio obbligo, tanto che non osservarlo può costare il posto.

Non che ci si possa dire affrancati da tali richieste nemmeno da noi, se negli annunci di lavoro ancora si richiede la bella presenza

Diciamo che per ora non c’è nessun politico che si sia prodigato a difendere l’avvenenza come un prerequisito essenziale per essere assunte.

Per ora, certo…

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