Un fenomeno studiato recentemente dimostra che per essere più attraenti è consigliabile mostrarsi in gruppo

Alle nostre latitudini, forse, non siamo così abituati a considerare come dive un gruppo di supporters femminile armate di pon-pon e larghi sorrisi.

La cultura delle cheerleader ci appartiene poco, anche se nel tempo abbiamo provato ad adottare qualche modello vagamente simile. A partire, ad esempio, dagli imponenti corpi di ballo dei varietà della RAI ante-litteram, fino alle ragazze del Drive In di Antonio Ricci.

Ma il concetto è molto distante da quello sentito, ad esempio, negli Stati Uniti, dove il cheerleading ha dignità di vero e proprio sport e le cheerleader sono il modello top al quale una ragazza potrebbe aspirare e gli uomini desiderare.

I ricercatori dell’Università di San Diego, in California, hanno così denominato il fenomeno oggetto di una loro ricerca atta a verificare se e perché appaiamo più desiderabili se siamo parte di un gruppo: effetto cheerleader.

Nel mondo animale far parte di un gruppo assume un’importanza vitale per la maggior parte delle specie, perché garantisce maggiori possibilità di successo nella ricerca del cibo, nell’allevamento dei cuccioli e contro i predatori, per fare degli esempi.

Per quanto riguarda gli umani, essere visti in un contesto di diverse persone, specie se dello stesso sesso, aumenta il nostro sex-appeal.

Come mai?

Sembra che il nostro cervello faccia una media dei volti e delle caratteristiche fisiche, elaborando un volto medio che è più bello dei singoli.

Se poi il gruppo nel quale siete inseriti gode di una buona reputazione dal punto di vista prettamente fisico – ovvero se è noto per vantare numerosi elementi attraenti – è molto probabile che il giudizio su di voi, anche se non siete particolarmente belli, si conformi a quello dei vostri compagni.

Questo perché siamo soggetti a conformarci al pensiero più popolare.

E’ probabile che, prese singolarmente, anche le famose cheerleader perdano parte del loro fascino?

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