di Monica Micheli*

L’amore “accade”? Secondo me, no…

Vi racconto una cosa che una quindicina di anni fa mi fece dapprima sorridere e poi riflettere.

Al tempo lavoravo per una emittente televisiva locale e avevo l’opportunità di approfondire, attraverso un format culturale, la conoscenza con le diverse etnie estere che negli ultimi decenni si erano naturalizzate in Veneto.

In particolare, stavo girando uno speciale sulle giovani famiglie originarie del Bangladesh.

Avevo quindi fatto la conoscenza con Ashit, un ragazzo di circa 30 anni, e la sua bellissima consorte di quattro anni più giovane.

Parlando del loro matrimonio tradizionale, mi disse con molta naturalezza che il loro era un felicissimo matrimonio combinato dai genitori.

Gli occidentali sono ormai molto distanti da questo genere di usanza, che ci risulta inconcepibile, seppure praticata fino a non tanto tempo fa, se ci pensiamo.

Al di là dell’interesse economico che poteva guidare le famiglie più altolocate della nostra borghesia/nobiltà, c’è un’altra componente che tuttora giustifica il matrimonio combinato in Medioriente, India, Pakistan e nazioni limitrofe. Ashit me la spiegò così:

“Quando ti innamori sei troppo giovane e poco lucido. Non sai scegliere cos’è meglio per te. I nostri genitori invece ci conoscono e sanno di cosa abbiamo bisogno per essere felici. Perciò scelgono loro. L’amore poi arriva…”

Sarà vero?

Non so dirlo.

Certo se avessi fatto il grande passo tutte le volte che mi sono follemente innamorata, Liz Taylor sarebbe una pivella…

Parallelamente, se considero le proposte che a dire di mia madre sarebbero state proprio l’anima gemella per me…beh…potrei aprire un circo.

 

Però se c’è una certezza che ho sviluppato negli anni è questa: l’amore non campa da sé. Ha bisogno di cure e attenzioni.

Se un rapporto ha dei cedimenti, molte volte non è che il sintomo di uno scarso impegno da parte di entrambi i componenti della coppia.

E’ un po’ come pensare che la salute non richieda delle accortezze come una sana alimentazione, del movimento,….

Perciò cosa possiamo fare nel quotidiano per avere subito, nell’immediato, un riscontro positivo? Un riaccendersi del sentimento, per così dire?

C’è un esercizio che pratico spesso nel corso delle mie cene, alle quali le coppie partecipano volentieri perché sanno di tornare a casa con maggiore consapevolezza di sé e della coppia.

Si tratta dell’esercizio delle 3 domande.

Quante volte abbiamo pensato: “Certo una volta parlavamo di più, trovavamo il tempo di guardarci negli occhi…”.

Vi rincuorerà sapere che spesso la mancanza di tempo non è sintomo di un amore spento, ma solo di mala organizzazione.

Trovando pochi minuti ogni tanto – ma dandosi seriamente da fare per calendarizzare l’impegno, se necessario – si possono evitare mesi di terapia di coppia.

Come?

Molto semplice: sedetevi uno di fronte all’altro e rispondete a turno a queste domande

  1. Cosa vuoi dalla vita?
  2. Di cosa hai paura?
  3. Cosa ami di me?

Prima di fare ciò, stringete un patto: sentitevi liberi di parlare e disposti al 100% ad ascoltare, senza interrompere, giudicare, commentare.

Limitatevi a rispondere e ad ascoltare.

Scoprirete moltissime cose che avete dimenticato di dire, nel tempo.

E apprenderete qualcosa in più di chi vi sta di fronte.

 

Sarà un momento molto emozionante, superato l’imbarazzo iniziale.

Provare per credere! 😉

 

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